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Nel mondo iperconnesso di oggi, dove ogni gesto sullo schermo genera una reazione, un¡¯interazione, un¡¯azione digitale, ¨¨ facile dimenticare che tutto ¨¨ cominciato con un singolo chip. Non un chip qualunque, ma il primo microprocessore della storia, progettato da un uomo che ha trasformato il concetto stesso di interfaccia. , scienziato e fisico italiano, emigrato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, ¨¨ l¡¯inventore di quella tecnologia che oggi anima ogni dispositivo: dallo smartphone alla console di gioco, dal POS al pannello di controllo di una slot machine.
Abbiamo avuto il privilegio di intervistarlo in esclusiva SiGMA News, con l¡¯obiettivo di esplorare non solo il passato rivoluzionario che ha creato, ma anche la visione che ha del nostro futuro, in un¡¯epoca dominata da intelligenza artificiale, machine learning e realt¨¤ aumentata. L¡¯iGaming, settore in cui l¡¯innovazione ¨¨ tanto rapida quanto cruciale, pu¨° trarre insegnamenti vitali da chi quella rivoluzione l¡¯ha iniziata davvero.
“Direi che il punto di svolta ¨¨ venuto quando ho deciso di stare negli Stati Uniti. Avevo appena inventato la tecnologia MOS, con la porta di silicio, e l¨¬ ¨¨ cambiato tutto. Era il 1968, alla Fairchild. Quella tecnologia ha reso possibile fare i microprocessori, le memorie, i sensori. Ha cambiato il modo di costruire computer”.
Quella scelta ha fatto da trampolino per un¡¯altra invenzione leggendaria: il primo microprocessore Intel 4004. Con quel progetto, Faggin non ha semplicemente costruito un componente elettronico. Ha creato l¡¯intelligenza operativa dei computer. L¡¯equivalente digitale del cervello. E da l¨¬, l¡¯effetto domino: l¡¯esplosione dei personal computer, la nascita del Web, l¡¯avvento degli smartphone. Fino ai dispositivi che oggi trasformano il mondo dell¡¯intrattenimento digitale, compreso l¡¯iGaming.
Ma Faggin non si ¨¨ fermato l¨¬. ? con Synaptics, la sua terza azienda, che arriva un¡¯altra svolta epocale: l¡¯invenzione del touchpad e del touchscreen capacitativo, diventati oggi lo standard con cui interagiamo con la tecnologia.
¡°Abbiamo inventato il touchpad e poi il touchscreen. L¨¬ ¨¨ cambiato il modo in cui interagiamo con i computer. ? stato un altro passo decisivo. Pensiamo a come usiamo i telefoni, i tablet, persino i terminali di gioco: tutto passa dalle dita¡±.
E qui entra in gioco l¡¯importanza cruciale per l¡¯industria dell¡¯iGaming. Senza quelle interfacce, oggi non esisterebbero giochi mobile-first, scommesse one-click, slot da pollice, realt¨¤ aumentata applicata al gioco responsabile. L¡¯evoluzione del settore passa per l¡¯intuizione, ormai diventata architettura standard, di un uomo che ha saputo unire ergonomia, elettronica e intuizione.
Cosa l¡¯ha spinta a lasciare il mondo della tecnologia per dedicarsi alla ricerca sulla coscienza?
¡°Studiando neuroscienze, biologia, cercavo di capire la differenza tra uomo e computer. Volevo creare un robot cosciente. Ma dopo due anni di tentativi, ho capito che era impossibile. La fisica non dice nulla su come i segnali elettrici possano trasformarsi in coscienza. E io sono un fisico. Non mi bastava pi¨´ la materia¡±.
Questa consapevolezza ha condotto Faggin verso una nuova forma di indagine, pi¨´ sottile, pi¨´ radicale. Una forma che oggi appare straordinariamente attuale: la distinzione tra simulazione e comprensione. Un tema che tocca da vicino lo sviluppo dell¡¯intelligenza artificiale, onnipresente anche nel settore del gioco online.
Secondo lei, l¡¯intelligenza artificiale potr¨¤ mai diventare cosciente?
¡°Assolutamente no. La macchina non capisce. Non ha esperienza. Noi abbiamo esperienza perch¨¦ abbiamo coscienza. I simboli, per noi, hanno significato. Per l¡¯AI, no. Sono solo sequenze di simboli che rimandano ad altri simboli, senza nessuna comprensione reale. Dentro la macchina c¡¯¨¨ buio. Dentro di noi, luce¡±.
Una distinzione potente, filosofica ma anche tecnica. Nell¡¯iGaming, l¡¯uso dell¡¯AI ¨¨ ormai sistemico: motori predittivi, suggerimenti personalizzati, algoritmi antifrode. Ma cosa succede quando si confonde l¡¯efficienza per intelligenza? Quando si progetta un¡¯esperienza di gioco basata su simulazioni comportamentali, senza comprendere cosa muove davvero l¡¯utente?
Faggin ci mette in guardia: l¡¯innovazione che ignora la coscienza ¨¨ pericolosamente incompleta. Perch¨¦ confonde la performance con la comprensione. E perde il contatto con ci¨° che rende umana l¡¯interazione.
Oggi viviamo circondati da dispositivi intelligenti. La tecnologia sta andando nella giusta direzione?
¡°La tecnologia non ha coscienza. Siamo noi a doverle dare un senso. Se ci sfugge di mano, ¨¨ perch¨¦ l¡¯abbiamo lasciata sfuggire. L¡¯AI ¨¨ solo una copia delle nostre capacit¨¤. Ma senza consapevolezza non c¡¯¨¨ vera intelligenza¡±.
Eppure, nel caos contemporaneo fatto di realt¨¤ aumentata, metaversi e algoritmi generativi, il pensiero di Faggin suona come un¡¯ancora. Un promemoria: possiamo innovare quanto vogliamo, ma senza un pensiero critico su ci¨° che stiamo creando, la macchina ci sorpasser¨¤ nella velocit¨¤, non nel significato.
Qual ¨¨ allora il nostro compito, come esseri umani, in questa nuova era digitale?
¡°Conoscere noi stessi. Smettere di competere e cominciare a cooperare. L¡¯universo non si conosce da fuori, con i razzi. Si conosce da dentro. Noi siamo parte di un campo cosciente che pu¨° accedere a tutto”.
“Non abbiamo bisogno di superare gli altri, abbiamo bisogno di capirli¡±.
Questo pensiero, che potrebbe sembrare lontano dalle logiche del business o dell¡¯innovazione tecnologica, ¨¨ in realt¨¤ il cuore pulsante di una nuova forma di progresso. Uno che mette al centro l¡¯esperienza piuttosto che l¡¯output. E che invita anche l¡¯industria dell¡¯intrattenimento digitale a rivedere le sue priorit¨¤.
Nel mondo dell¡¯iGaming, in cui il confine tra gioco e immersione si fa sempre pi¨´ sottile, comprendere come e perch¨¦ interagiamo con la tecnologia diventa fondamentale. E il lavoro di Federico Faggin, dalle prime architetture logiche fino alla riflessione profonda sul significato della coscienza, ci offre una guida rara e preziosa.
Oggi, ogni volta che sfioriamo uno schermo, lanciamo un¡¯app, iniziamo una partita o interagiamo con un sistema predittivo, stiamo camminando su un sentiero tracciato da oltre cinquant¡¯anni fa. La sua eredit¨¤ non ¨¨ solo tecnologica. ? ontologica. Ci ricorda che la vera interfaccia non ¨¨ quella tra uomo e macchina, ma tra l¡¯essere e il comprendere. E se vogliamo costruire un futuro in cui la tecnologia sia davvero al nostro servizio, dovremo iniziare da l¨¬. Dalla coscienza. E da ci¨° che ci rende umani.
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